Dopo il Pacifico e l’Atlantico, tonnellate di plastica anche nel Mar Mediterraneo

Da tempo eravamo a conoscenza della “discarica” di rifiuti che invade l’Oceano Pacifico. Ben 100 milioni di tonnellate di plastica   scoperte, nel 1997, dall’oceanografo Charles Moore secondo cui l’ammasso di spazzatura ha iniziato a formarsi durante gli anni ’50 ed ha continuato a crescere ed alimentarsi degli scarti provenienti tanto dalle navi e dalle piattaforme petrolifere quanto dalla terraferma. Durante l’inverno le correnti tendono a compattare tutta la spazzatura  in una Grande Massa di Rifiuti che in primavera giunge al massimo della sua concentrazione, mentre nel periodo estivo la direzione delle correnti tende a far disperdere la spazzatura. La aree interessante dal fenomeno sono due: una interessa una zona vicina le coste del Giappone, l’altra si trova a 500 miglia nautiche al largo della California.

Tale fenomeno, studiato da poco e di cui si ha una conoscenza non troppo approfondita, viene chiamato Pacific Trash Vortex. Secondo Charles Moore, la concentrazione di plastica, oltre 3 milioni di frammenti per km quadrato 10 metri di profondità, potrebbe aumentare di ben il doppio in 10 anni  se non vi sarà maggiore responsabilità nell’uso della plastica sia da parte dei consumatori che da parte di chi disperde spazzatura in mare inquinandolo.

Ma oltre all’Oceano Pacifico anche l’Atlantico possiede la sua isola di rifiuti galleggianti. E, purtroppo, anche il Mar Mediterraneo occidentale tra Italia, Spagna e Francia non è esente dal fenomeno. I risultati di una ricerca richiesta da Legambiente e condotta da Arpa Toscana e dalla struttura oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna, hanno rilevato la presenza di 500 tonnellate di plastica nel Mediterraneo:  il 60-80% dei rifiuti in mare (e in alcune aree il dato arriva al 90-95%) è plastica la concentrazione più alta si riscontra nel nord del Tirreno e a largo dell’isola d’Elba con 892 mila frammenti plastici per chilometro quadro, rispetto a una media di 115 mila.

Il fenomeno, oltre che essere una fonte di inquinamento del mare e degli oceani in continua espansione, è molto pericoloso per la fauna marina. In particolare i mammiferi marini e le tartarughe scambiano i sacchetti di plastica per meduse e ingerendoli rischiano il blocco del tratto digestivo e il conseguen­te soffocamento. Di 312 specie di uccelli marini, 111 sono note per aver ingerito rifiuti plastici. Tra i 700 mila e un milione di uccelli marini rimangono ogni anno uccisi per soffocamento o intrappola­mento.

L’UNEP, registra che annualmente i pezzetti di plastica in mare causano la morte di più di un milione di uccelli e di più di 100.000 mammiferi. La plastica costituisce il 90% di tutta la spazzatura che galleggia sulle superfici marine; secondo l’UNEP ogni miglio quadrato di oceano, contiene 46.000 pezzi di plastica galleggiante.

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